Leopoldo Metlicovitz, Turandot, 1926, Litografia a colori, Milano, Archivio storico Ricordi | Courtesy of Musei San Domenico, Forlì

Un gusto, una fascinazione, un linguaggio che ha caratterizzato la produzione artistica italiana ed europea negli anni Venti, con esiti soprattutto americani dopo il 1929. Ciò che per tutti corrisponde alla definizione Art Déco fu uno stile di vita eclettico, mondano, internazionale.

Fino al 18 giugno, i Musei San Domenico di Forlì ospitano la mostra intitolata “Art Déco. Gli anni ruggenti in Italia”.

Il successo di questo periodo va riconosciuto nella ricerca del lusso e di una piacevolezza del vivere, tanto più intensi quanto effimeri, messa in campo dalla borghesia europea dopo la dissoluzione, nella Grande guerra, degli ultimi miti ottocenteschi e la mimesi della realtà industriale, con la logica dei suoi processi produttivi.
La relazione con il Liberty, che lo precede cronologicamente, fu dapprima di continuità, poi di superamento, fino alla contrapposizione. La differenza tra l’idealismo dell’’ Art Nouveau e il razionalismo del Déco appare sostanziale. L’idea stessa di modernità, la produzione industriale dell’’ oggetto artistico, il concetto di bellezza nella quotidianità mutano radicalmente: con il superamento della linea flessuosa, serpentina e asimmetrica legata ad una concezione simbolista che vedeva nella natura vegetale e animale le leggi fondamentali dell’universo, nasce un nuovo linguaggio artistico.

La spinta vitalistica delle avanguardie storiche, la rivoluzione industriale sostituiscono al mito della natura, lo spirito della macchina, le geometrie degli ingranaggi, le forme prismatiche dei grattaceli, le luci artificiali della città.
Nell’’ ambito di una riscoperta recente della cultura e dell’’ arte negli anni Venti e, segnatamente, di quel particolare gusto definito “Stile 1925”, dall’’ anno della nota Esposizione universale di Parigi dedicata alle Arts Decoratifs, da cui la fortunata formula Art Déco, che ne sancì morfologie e modelli, nasce l’idea di una mostra che proponga immagini e riletture di una serie di avvenimenti storico-culturali e di fenomeni artistici che hanno attraversato l’Italia e l’Europa nel periodo compreso tra il primo dopoguerra e la crisi mondiale del 1929, assumendo via via declinazioni e caratteristiche nazionali, come mostrano non solo le numerosissime opere architettoniche, pittoriche e scultoree, ma soprattutto la straordinaria produzione di arti decorative.

Il gusto Déco fu lo stile delle sale cinematografiche, delle stazioni ferroviarie, dei teatri, dei transatlantici, dei palazzi pubblici, delle grandi residenze borghesi: si trattò, soprattutto, di un formulario stilistico, dai tratti chiaramente riconoscibili, che ha influenzato a livelli diversi tutta la produzione di arti decorative, dagli arredi alle ceramiche, dai vetri ai ferri battuti, dall’oreficeria ai tessuti alla moda negli anni Venti e nei primissimi anni Trenta, così come la forma delle automobili, la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura in funzione decorativa.

Le ragioni di questo nuovo sistema espressivo e di gusto si riconoscono in diversi movimenti di avanguardia (le Secessioni mitteleuropee, il Cubismo e il Fauvismo, il Futurismo) cui partecipano diversi artisti quali Picasso, Matisse, Lhote, Schad, mentre tra i protagonisti internazionali del gusto vanno menzionati almeno i nomi di Ruhlmann, Lalique, Brandt, Dupas, Cartier, così come la ritrattistica aristocratica e mondana di Tamara de Lempicka e le sculture di Chiparus, che alimenta il mito della danzatrice Isadora Duncan.

Ma la mostra avrà soprattutto una declinazione italiana, dando ragione delle biennali internazionali di arti decorative di Monza del 1923, del 1925, del 1927 e del 1930, oltre naturalmente dell’’ expo di Parigi 1925 e 1930 e di Barcellona 1929. Il fenomeno Déco attraversò con una forza dirompente il decennio 1919-1929 con arredi, ceramiche, vetri, metalli lavorati, tessuti, bronzi, stucchi, gioielli, argenti, abiti impersonando il vigore dell’alta produzione artigianale e proto industriale e contribuendo alla nascita del design e del “Made in Italy”.

Obiettivo dell’’ esposizione è mostrare al pubblico il livello qualitativo, l’originalità e l’importanza che le arti decorative moderne hanno avuto nella cultura artistica italiana connotando profondamente i caratteri del Déco anche in relazione alle arti figurative: la grande pittura e la grande scultura.

In Italia, fino ad ora, non si è mai allestita una mostra così completa dedicata a questo variegato mondo di invenzioni, che non solo produce affascinanti contaminazioni con il gusto moderno – si pensi per esempio al quartiere Coppedè a Roma o al Vittoriale degli Italiani, ultima residenza di Gabriele d’Annunzio – ma evoca atmosfere dal mondo mediterraneo della classicità, così come la scoperta nel 1922 della tomba di Tutankhamon rilanciò in Europa la moda dell’’ Egitto. E poi echi persiani, giapponesi, africani a suggerire lontananze e alterità, sogni e fughe dal quotidiano, in un continuo e illusorio andirivieni dalla modernità alla storia.

La mostra è curata da Valerio Terraroli, con la collaborazione di Claudia Casali e Stefania Cretella, ed è diretta da Gianfranco Brunelli. Il prestigioso comitato scientifico è presieduto da Antonio Paolucci.

 

Vademecum

11 febbraio – 18 giugno 2017

Forlì, Musei San Domenico

Biglietto intero 12 € ; ridotto 10 €

Info 199 15 11 34; artdeco@civita.it

www.mostrefondazioneforli.it